RIASSUNTO
RIASSUNTO
COMMENTO
In questo studio di popolazione, gli Autori hanno paragonato i tassi di mortalità della popolazione svedese nata tra il 1973 ed 2010 (1.880.668 maschi e 1.781.131 femmine) con quella dei 3847 soggetti in età pediatrica (0-18 anni; 2.562 maschi e 1285 femmine) trattati con rhGH dal 1985 a 2010. La novità di tale lavoro è insita nella costruzione ed utilizzo di una funzione continua di rischio: tale metodo statistico è in grado di stimare il tasso di mortalità non solo in base all’anno ed all’età cronologica, ma anche in base a variabili aggiuntive ritenute rilevanti il cui peso può modificarsi con il progredire dell’età cronologica stessa.
Gli Autori dello studio hanno ipotizzato che alcuni dati pubblicati in letteratura, in particolare quelli relativi alla coorte francese dello studio SAGhE (Safety and Appropriateness of GH treatments in
Europe) i quali avevano riportato un incremento della mortalità per tutte le cause nei soggetti trattati con rhGH in età pediatrica per un quadro di GHD (deficit di GH), SGA (nato piccolo per età gestazionale) o ISS (bassa statura idiopatica), dipendessero da variabili insite nella popolazione trattata con rhGH e che non erano state prese in considerazione dai modelli statistici classici. Gli Autori hanno pertanto inserito e corretto i dati per alcune variabili cliniche alla nascita quali l’età gestazionale, il peso e la lunghezza alla nascita (in termini di SDS) e la presenza di malformazioni (cardiovascolari o di altro tipo).
Il primo risultato fondamentale di questo studio è l’osservazione che i soggetti svedesi trattati in età pediatrica con rhGH, fossero essi GHD, SGA o ISS, non presentavano una mortalità aumentata rispetto alla popolazione svedese con pari caratteristiche neonatali. Il rapporto tra osservato ed atteso era di 21 morti osservate su 21.99 attese. La SMR (standardized mortality ratio) calcolata nella medesima popolazione con le metodiche classiche era di 1.43, molto vicina a quella di 1.3 riportata nella coorte francese del SAGhE. Diversamente, la SMR calcolata con la funzione continua di rischio nel modello statistico avanzato era di 0.96, suggerendo che l’incremento di circa il 50% della SMR calcolata con il metodo classico dipendeva proprio dalle caratteristiche neonatali della popolazione poi trattata con rhGH.
Il secondo risultato importante è che l’assunto che i soggetti trattati con rhGH abbiano una SMR simile alla popolazione generale se non trattati è probabilmente errato, in quanto questa popolazione sembrerebbe avere una SMR più elevata di per sé in base alle caratteristiche neonatali.
Questo studio pone un suggerimento di sicurezza sulla terapia con rhGH in età pediatrica rispetto alla mortalità a lungo termine, in quanto questa non sembra essere aumentata rispetto alla popolazione generale di pari caratteristiche neonatali. Tali dati sono sicuramente resi possibili da un registro nazionale di nascita e di morte molto accurato e dettagliato. Si deve, però notare come le morti registrate nei pazienti trattati con rhGH siano relativamente poco numerose in virtù della rarità della patologia in una popolazione non così numerosa quale quella svedese. Gli Autori suggeriscono pertanto che il numero piccolo di eventi registrati (21 morti) non abbia ancora la potenza statistica per dimostrare che il trattamento con rhGH in età pediatrica aumenti o diminuisca la mortalità e stimano che una coorte di almeno 10.000 pazienti sia necessaria per ottenere dati più definitivi. La replicazione in altre coorti ed un tempo di osservazione più lungo saranno, inoltre, necessari e fondamentali.
Flavia Prodam
Dipartimento di Scienze della Salute
Università del Piemonte Orientale
Via Solaroli 17
28100 Novara
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