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Vecchi e nuovi farmaci nella terapia dell’osteoporosi: quale sequenza di trattamento secondo il profilo di rischio individuale?

Rachele Fornari 1, Silvia Migliaccio2 e Emanuela A Greco1

1 Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia Medica, Endocrinologia e Scienza dell’Alimentazione, Università Sapienza, Roma, Italia
2 Dipartimento di Scienze Umane, Motorie e della Salute, Sezione di Scienze della Salute,Università Foro Italico, Roma, Italia

Corrispondenza
Emanuela Greco, MD, PhD Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia Medica, Endocrinologia e Scienza dell’Alimentazione, Università Sapienza, Roma, Italia
[email protected]

 

Negli ultimi 30 anni la ricerca farmacologica di nuove terapie per il trattamento dell’osteoporosi ha avuto un notevole sviluppo identificando nuove molecole in grado di agire su specifici meccanismi cellulari per modulare il rimodellamento osseo, ottimizzando così la densità e la qualità dell’osso, al fine di ridurre il rischio di fratture. Mentre negli anni ’80 il clinico disponeva di poche strategie terapeutiche per la prevenzione e la cura dell’osteoporosi, attualmente le opzioni includono molteplici farmaci sia con azione anti-riassorbitiva che anabolica e nuove molecole sono in fase di studio per valutarne l’efficacia e la sicurezza nel breve e lungo termine.

I farmaci attualmente utilizzati includono estrogeni, SERMs (Selective Estrogen Receptor Modulators), bisfosfonati, denosumab e teriparatide (Tabella 1).

Il trattamento con estrogeni è attualmente indicato per la prevenzione dell'osteoporosi post-menopausale e delle fratture da fragilità, per l’effetto protettivo esercitato dagli steroidi sessuali sul metabolismo scheletrico (1). Lo studio WHI (Women's Health Initiative) ha valutato l'efficacia e gli effetti collaterali della terapia ormonale sostitutiva (TOS) su 16608 donne in post-menopausa, di età compresa tra 50 e 79 anni, che, in modo casuale hanno ricevuto estrogeni equini coniugati (0,625 mg/die) e medrossiprogesterone acetato (2,5 mg/die) o placebo per un periodo medio di 5,6 anni. Oltre ad aumentare la densità minerale ossea (BMD) , la TOS ha anche ridotto il rischio di frattura a livello femorale del 24%. Tuttavia, poiché lo studio WHI, seppur con smentite successive ad una attenta post hoc analisi, ha evidenziato aumento degli eventi cardiovascolari e un aumento del rischio di carcinoma mammario ed endometriale, la TOS negli anni successivi ha trovato indicazione per il trattamento dei sintomi vasomotori e genitourinari legati alla menopausa, sebbene vi sia quest’oggi una rivalutazione dell’importanza della TOS nella prevenzione delle fratture da fragilità (1).

Quando si parla di TOS e scheletro bisogna considerare anche i SERMs, modulatori selettivi del recettore estrogenico, sviluppati con l'obiettivo di avere effetti estrogenici (agonistici) in alcuni tessuti come lo scheletro ed effetti neutri o antagonisti in altri tessuti come utero e mammella. Essi agiscono legandosi al recettore estrogenico alfa (ER) e al pari degli estrogeni svolgono un ruolo chiave modulando l’attività di osteoblasti ed osteoclasti (2), esercitando principalmente un’azione anti-riassorbitiva. Il farmaco prototipo è il raloxifene, approvato dalla FDA(Food and Drug Administration) per la prevenzione e il trattamento dell'osteoporosi. È stato dimostrato che raloxifene riduce il rischio di fratture vertebrali, ma sebbene riduca il rischio di tumore mammario , aumenta l'incidenza di sintomi vasomotori e di tromboembolismo venoso. Altro SERM largamente impiegato è il bazedoxifene, singolarmente o combinato con estrogeni coniugati, in grado di ridurre i sintomi vasomotori e preservare la BMD in donne in post-menopausa. Negi ultimi anni tuttavia bisogna menzionare anche l’impiego di altre molecole importanti per la prevenzione delle fratture da fragilità come il tibolone e i TSEC (Tissue Selective Estrogen Complex) che possono essere considerate nell’ambito delle TOS (1).

I bisfosfonati sono i farmaci ad azione anti-riassorbitiva più utilizzati per il trattamento dell’osteoporosi. Nel corso degli ultimi decenni numerosi studi sull’efficacia di questi farmaci hanno dimostrato una riduzione del 40-70% delle fratture vertebrali e del 40-50% delle fratture di femore. Esistono diversi tipi di bisfosfonati (alendronato, risedronato, ibandronato e acido zoledronico) che, nonostante appartengano alla stessa classe, posseggono differente meccanismo d’azione, differiscono significativamente in termini di potenza anti-rimodellamento e per il grado di persistenza nella matrice scheletrica. Lo zoledronato, somministrato alla dose di 5 mg annui per 3 anni, ha dimostrato di indurre una riduzione di incidenza di fratture vertebrali del 77%, di fratture non vertebrali del 25% e di fratture di femore del 41% (3). L'acido zoledronico è stato anche associato a una riduzione di mortalità dopo frattura dell'anca del 28%, indipendentemente dai suoi effetti sulla riduzione del rischio di frattura.

Il denosumab è un anticorpo monoclonale che blocca il legame del RANKL (Receptor Activator of Nuclear factor Kappa-B Ligand ) al suo recettore RANK ( Receptor Activator of Nuclear factor Kappa-B) espresso dagli osteoclasti, inibendone così differenziazione, attivazione e sopravvivenza. I risultati dello studio FREEDOM hanno dimostrato una riduzione del 68% delle fratture vertebrali e una riduzione del 40% delle fratture di femore, tuttavia i suoi effetti sono reversibili e all’interruzione della terapia si può assistere ad una rapida riduzione della BMD, descritta come fenomeno di "rimbalzo", associato ad un aumento dell'incidenza di fratture vertebrali multiple (4).

Infine, il teriparatide, frammento 1-34 dell’ormone paratiroideo, è attualmente l’unico farmaco anabolico in commercio in Italia per il trattamento dell’osteoporosi. La durata del trattamento è di 24 mesi e in questa finestra temporale il teriparatide induce un aumento significativo della massa ossea, in modo progressivo e riduce il rischio di fratture vertebrali del 65% e di fratture non vertebrali del 53%. Dopo la sospensione del trattamento con teriparatide si assiste ad un rapido calo densitometrico che si associa ad un aumento del turnover osseo e la successiva somministrazione di un farmaco anti-riassorbitivo, sembrerebbe mantenere ed incrementare i benefici acquisiti in termini di BMD (5).

Farmaci anti-osteoporotici del futuro che attualmente sembrano avere risultati molto incoraggianti, non ancora in commercio in Italia, sono rappresentati da abaloparatide, romosozumab e odanacatib. Il primo è un peptide sintetico del paratormone, con il quale condivide i primi 20 aminoacidi, che ai diversi dosaggi di 20, 40 o 80 μg/die determina un aumento significativamente maggiore della BMD e una riduzione significativamente maggiore del rischio di frattura sia a livello vertebrale che femorale rispetto a placebo o al teriparatide. Romosozumab, anticorpo monoclonale anti-sclerostina, proteina di derivazione osteocitaria in grado di inibire la neoformazione ossea, aumenta la BMD e riduce significativamente il rischio di frattura vertebrale, mentre attualmente incerta è la sua efficacia sulla riduzione del rischio di frattura non vertebrale.

L'osteporosi è una patologia metabolica cronica, che richiede quindi trattamenti a lungo termine al pari di diabete mellito e malattie cardiovascolari, pertanto, per il paziente affetto da osteoporosi potrebbe essere indicato l'uso di farmaci con diverso meccanismo d’azione, somministrati in modalità sequenziale, al fine di rispondere ai diversi obiettivi terapeutici in funzione di fattori come età, genere, caratteristiche cliniche e comorbidità (Figura 1). Di conseguenza, è fondamentale comprendere la specificità degli effetti dei farmaci allo scopo d’individuare la migliore sequenza da utilizzare o combinazione per poter sviluppare piani di trattamento individualizzati, sulla base delle attuali evidenze scientifiche.

La terapia combinata si riferisce alla somministrazione contemporanea di teriparatide e agenti anti-riassorbitivi. La maggior parte degli studi che ha valutato l’efficacia della combinazione teriparatide/bisfosfonati rispetto ai singoli trattamenti non ha dimostrato alcun beneficio aggiuntivo. In particolare, gli studi riguardanti l’associazione teriparatide/alendronato non hanno mostrato un miglioramento significativo della BMD rispetto ai singoli trattamenti, evidenziando addirittura un potenziale effetto contrastante dell’alendronato rispetto all’effetto anabolico del teriparatide. Risultati analoghi sono stati osservati con l'uso combinato risedronato/teriparatide (6). Tuttavia l’associazione di una singola dose di acido zoledronico con una iniezione giornaliera di teriparatide, ha invece mostrato un aumento significativamente maggiore della BMD, sia a livello vertebrale che femorale, rispetto a quello ottenuto utilizzando i due farmaci singolarmente. Infine il DATA-Study (Denosumab And Teriparatide Administration Study) ha dimostrato come la terapia combinata di teriparatide 20 μg/die sc + denosumab 60 mg sc ogni 6 mesi per 24 mesi, in donne affette da osteoporosi post-menopausale severa determini un aumento della BMD lombare e femorale maggiore rispetto a quello ottenuto con la monoterapia e ha mostrato inoltre un incremento di massa ossea di entità mai raggiunta con qualsiasi terapia anti-osteoporotica ad oggi valutata in studi clinici randomizzati e controllati (7) Ad ogni modo, a differenza dei bisfosfonati, che mostrano un “effetto coda” dopo la sospensione della terapia, per il teriparatide e il denosumab questo non avviene per cui alla loro sospensione si verifica un rapido e inevitabile declino della BMD.

La terapia sequenziale, invece, prevede la somministrazione di un farmaco anabolico, quale il teriparatide, seguita da un agente anti-riassorbitivo dopo il termine dei 24 mesi oppure il contrario. Numerosi studi hanno valutato le strategie da attuare per poter mantenere la massa ossea guadagnata durante la terapia con teriparatide dopo la sospensione. Gli studi clinici in cui è stato valutato l’uso dell'alendronato hanno evidenziato come questo sia efficace non solo nella prevenzione della perdita di massa ossea post-teriparatide, ma anche nell’ aumentare la BMD a livello dell'anca e della colonna vertebrale. Anche il raloxifene sembra prevenire la perdita ossea post-teriparatide, ma è meno efficace nell’aumentare o mantenere la BMD, in particolare a carico del femore. Più recentemente lo studio DATA-Switch ha dimostrato come dopo 2 anni di terapia con teriparatide il trattamento per successivi 2 anni con denosumab sia in grado di aumentare la BMD della colonna vertebrale di un ulteriore 9,4% (aumento totale a 4 anni del 18,3%) e un aumento della BMD totale dell'anca di un ulteriore 4,8% (6,6% aumento totale a 4 anni), incrementi che appaiono significativamente maggiori di quelli che si possono ottenere con i bifosfonati. In associazione al DATA-Switch anche altri studi hanno evidenziato come la sequenza ottimale di terapia in pazienti affetti da osteoporosi non precedentemente trattata e ad alto rischio di frattura, sia quella di utilizzare agenti anabolici, come teriparatide (o abaloparatide, che al momento è disponibile solo negli USA ma non in Europa) seguiti dal denosumab. Nello switching da teriparatide a denosumab la BMD continua ad aumentare, mentre nello switching inverso, da denosumab a teriparatide, si verifica una perdita transitoria di BMD a livello lombare e femorale e una progressiva perdita di BMD a livello del terzo distale del radio. Tale riduzione della BMD è un effetto inaspettato e in controtendenza rispetto alle precedenti evidenze, che documentano un incremento della BMD nello switching da bisfosfonato a teriparatide e potrebbe essere spiegato dalla potente riattivazione osteoclastica di rimbalzo (effetto on-off del denosumab), che spiegherebbe la perdita di massa ossea riscontrabile soprattutto al femore e al radio, costituiti prevalentemente da osso corticale. Pertanto, alla luce di questi risultati nella pratica clinica è preferibile, laddove possibile, iniziare il trattamento farmacologico con teriparatide, in quanto il successivo switch dopo 18-24 mesi a denosumab si traduce in un massimo guadagno di BMD a livello lombare e femorale. Infine, la terapia combinata teriparatide + denosumab (prescrivibile off-label in quanto non prevista nella scheda tecnica dei farmaci) seguita, alla sospensione del teriparatide dopo 18-24 mesi, dalla prosecuzione con denosumab conduce al maggiore guadagno di BMD a livello lombare, femorale e radiale, mai dimostrato dalle precedenti evidenze cliniche (8).

In conclusione, l’osteoporosi e le fratture da fragilità rappresentano un grande problema di salute pubblica. La maggior parte delle fratture da fragilità vengono spesso identificate tardivamente e, anche quando identificate, non vengono trattate adeguatamente e sovente l'aderenza alla terapia è scarsa. Gli agenti anti-riassorbitivi rappresentano sicuramente farmaci di prima scelta nella terapia dell'osteoporosi. Con l'ampliamento delle opzioni farmacologiche la scelta dello schema terapeutico si è ampliata, ma è diventata più complessa.

Per guidare il processo decisionale occorre tener presente che il maggior guadagno di massa ossea si può raggiungere utilizzando prima un agente anabolico e poi un farmaco anti-riassorbitivo mentre l'uso iniziale di un bisfosfonato può diminuire l'efficacia della successiva terapia anabolica. Inoltre, dati in letteratura suggeriscono che lo switch da denosumab ad analoghi del Paratormone (PTH) dovrebbe essere evitato a causa di un conseguente accelerato turnover osseo. Infine, anche se non ci sono ancora dati sulle fratture per supportare l’uso combinato della terapia anabolizzante/anti-riassorbitiva (teriparatide/denosumab), tale opzione può essere considerata in pazienti che presentano il rischio più elevato di fratture da fragilità. Tuttavia, a tutt’oggi il limite maggiore all’adozione nella pratica clinica degli schemi sequenziali o combinati è rappresentato dalla scarsità di dati che confermino la loro reale efficacia anti-fratturativa. Sono pertanto necessari ulteriori studi di efficacia e sicurezza per meglio identificare i soggetti a cui prescrivere gli schemi combinati e/o sequenziali di terapia, al fine di raggiungere il più possibile gli standard di medicina personalizzata.

Tabella 1 Farmaci utilizzati nella terapia dell’osteoporosi
Tabella 1

Fig 1 .Possibile schema di terapia sequenziale dell’osteoporosi (modificata da Migliaccio & Lello, Ageing 2002)
Figura 1


Conflitto di interesse Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse

Riferimenti Bibliografici  
  1. Vignozzi L, Malavolta N, Villa P, et al. Consensus statement on the use of HRT in postmenopausal women in the management of osteoporosis by SIE, SIOMMMS and SIGO. J Endocrinol Invest. 2018 Nov 19.
  2. Taranta A, Brama M, Teti A, et al. The selective estrogen receptor modulator raloxifene regulates osteoclast and osteoblast activity in vitro. Bone. 2002; 30(2):368-76.
  3. Black DM, Delmas PD, Eastell R, et al. Once yearly zoledronic acid for treatment of postemenopausal osteoporosis. N Engl J Med. 2007;356-1809-22.
  4. Bone HG, Wagman RB, Brandi ML, et al. 10 years of denosumab treatment in postmenopausal women with osteoporosis: results from the phase 3 randomised FREEDOM trial and open-label extension. Lancet Diabetes Endocrinol. 2017;5:513–23.
  5. Neer RM, Arnaud CD, Zanchetta JR, et al. Effect of parathyroid hormone (1-34) on fractures and bone mineral density in postmenopausal women with osteoporosis. N Engl J Med. 2001;344(19):1434-41.
  6. Walker MD, Cusano NE, Sliney J Jr, et al. Combination therapy with risedronate and teriparatide in male osteoporosis. Endocrine 2013;44:237-46.
  7. Leder BZ, Tsai JN, Uihlein AV, et al. Two years of denosumab and teriparatide administration in postmenopausal women with osteoporosis (The DATA Extension Study): a randomized controlled trial. J Clin Endocrinol Metab 2014;99:1694-700. 8. Leder BZ. Optimizing Sequential and Combined Anabolic and Antiresorptive Osteoporosis Therapy. JBMR Plus. 2018 ;2(2):62-68.

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