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The large pharmaceutical company perspective

Rosenblatt M.
N Engl J Med. 2017;376:52-60

RIASUUNTO

Large pharmaceutical companies conduct clinical trials to evaluate efficacy and identify safety issues for candidate drugs as effectively, efficiently, and expeditiously as possible, while addressing simultaneously the requirements of regulatory authorities across the globe. To put the fewest people at risk and to learn the most, these trials often are configured to provide evidence for health care providers, regulatory approval, and reimbursement from health agencies. Because there are so many unknowns, pharmaceutical research and development is a high-risk business with the highest failure rate for new product candidates of any industry.

COMMENTO

Questo articolo si pone a metà tra l’essere una revisione narrativa della letteratura sulla complessità di esecuzione dei trial clinici di fase 3 ed un editoriale sull’efficacia, la complessità ed i risvolti economici legati ai medesimi. Si pone in una collezione dedicata dal New England Journal of Medicine ai diversi risvolti dei trial clinici.
L’Autore definisce l’esecuzione dei trial clinici di fase 3, in particolare quelli orientati alle patologie croniche, come la sfida scientifica più complessa attualmente affrontata dalle aziende del farmaco. La complessità ed il successo che ne possono derivare dipendono da innumerevoli fattori e da team di lavoro sempre più ampi per lo svolgimento dei trial. Tra i fattori contribuenti alla complessità si devono ricordare: 1) la decisione del disegno dello studio, degli endpoint primari e secondari, degli endpoint composti, degli indicatori surrogati e dei biomarcatori; 2) la geografia della patologia, che implica analisi etniche, differenze nei fattori di rischio associati (stile di vita, dieta, consumo di alcool, fumo), differenze nella cura e, pertanto, multipli centri e ricercatori da coinvolgere; 3) gli stakeholders coinvolti, in primis i pazienti e le loro associazioni, ma anche la comunità medica e le società scientifiche, i giornali scientifici e l’industria stessa; 4) le agenzie regolatorie, che hanno caratteristiche nazionali differenti e richiedono documentazioni differenti; 5) i “payers”, che sono costituiti dai sistemi sanitari nazionali, dalle compagnie di assicurazione e dai pazienti in genere; 6) il personale coinvolto nel trial (i ricercatori, i monitor, gli statistici, i project manager, il comitato atto al monitoraggio della sicurezza, le collaborazioni accademiche e le consulenze); 7) le attività cliniche connesse (modifiche di protocollo, raccolta dati e loro sicurezza, reclutamento e monitoraggio dei pazienti, strumentazione necessaria, verbali sulla sicurezza e sugli eventi avversi, produzione e distribuzione del principio attivo, del placebo e/o del farmaco comparatore). Questa complessità aumenta con l’aumentare della dimensione campionaria e della durata degli studi, fattori che portano con sé ulteriori difficoltà legate ai dati persi ed alla loro interpretazione, nonché alle deviazioni dal trial, per esempio per somministrazioni di farmaci che possono agire sul medesimo target terapeutico.
L’Autore descrive poi due casi interessanti relativi a come i trial clinici di fase 3 possano ulteriormente complicarsi in fase di progettazione o di messa in atto.
Il primo caso riguarda il trial clinico sull’efficacia e sicurezza di un vaccino contro il Rotavirus (REST study), eseguito dopo il ritiro in fase post-marketing di un altro vaccino per effetti collaterali (intussuscezione). Il trial clinico fu, quindi, disegnato per monitorizzare la sicurezza nei confronti di un evento avverso raro e per poterlo interrompere in ogni momento in caso di mancata sicurezza. La necessità di sicurezza su tale outcome ha determinato un campione in studio considerevole. In seguito, in base ad un risultato di sicurezza in area grigia ha necessitato di prosieguo ancora in corso su consiglio delle agenzie regolatorie. Questo esempio suggerisce come in alcuni casi la dimensione campionaria, la durata ed il budget non siano preventivabili.
Il secondo caso riguarda i trial clinici di fase 3 sull’alendronato nel trattamento dell’osteoporosi (Alendronate Phase III Osteoporosis Treatment Study e Clinical Fracture Study of Fracture Intervention Trial). Il primo trial dovette essere allungato da 2 a 3 anni su indicazione della FDA per evidenza di efficacia al termine dei 2 anni e successiva perdita di efficacia al termine dei 3 anni nel caso di un’altra molecola. Inoltre, i pazienti nel braccio con alendronato 20 mg/die furono spostati a 5 mg/die per la pubblicazione in corso d’opera di un altro studio che mostrava come, diversamente dagli studi nell’animale, i 20 mg/die erano superiori alla dose necessaria per aumentare la massa ossea. La decisione di passare da 5 a 10 mg/die di alendronato per provare a dimostrare l’efficacia sulle fratture non vertebrali non fu, pertanto, guidata dagli studi sull’animale, risultati scarsamente predittivi, ma solo dall’apparente profilo di sicurezza dei 10 mg/die. Dopo l’immissione in commercio dell’alendronato è subito emersa l’allerta per le ulcerazioni e le erosioni esofagee, molto inferiori in corso di trial clinico in quanto vi era l’attento monitoraggio alla modalità di assunzione del farmaco, diversamente da quanto accade in pratica clinica.
Sfida ulteriore è attualmente la progettazione di trial nelle patologie croniche in termini di prevenzione e di efficacia nella riduzione della loro progressione, ove l’Autore cita le patologie neurodegenerative come l’Alzheimer. Tuttavia, lo scenario ben si adatta anche al diabete mellito di tipo 2 o alle patologie autoimmuni. Inoltre, se la capacità e l’efficienza nel gestire i trial di fase 3 aumenterà, i costi dovrebbero ridursi con potenziale riduzione anche dei costi di immissione in commercio.
Questo articolo riassume in modo efficace ciò che in parte guida le nostre decisioni in pratica clinica e che ogni medico dovrebbe avere in mente nel momento in cui decide di utilizzare un farmaco rispetto ad un altro ad un particolare dosaggio, in un particolare paziente etc. La segnalazione degli eventi avversi, correlati e non correlati, in pratica clinica deve diventare pratica comune e la sensibilità al loro riconoscimento deve aumentare. L’Autore non discute approfonditamente l’aspetto economico dei costi dei farmaci con i risvolti etici che ne derivano e ciò induce sicuramente al dibattito su questo articolo, ma solo la conoscenza approfondita di come si sono evoluti i trial clinici di fase 3, come pure i trial clinici per le malattie rare a cui è dedicato un altro articolo, può portare ad un dialogo costruttivo ed efficace tra tutte le parti coinvolte.

Flavia Prodam
Dipartimento di Scienze della Salute
Università del Piemonte Orientale
Via Solaroli 17
28100 Novara
[email protected]

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