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Indicazioni alla decompressione orbitaria nell’orbitopatia basedowiana

Francesca Menconi1, Giulia Lanzolla1, Iacopo Dallan2. Ludovica Cristofani-Mencacci2, Claudio Marcocci1, Michele Marinò1
1Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, UO Endocrinologia II, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Università di Pisa, Pisa, Italia
2Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica, Università di Pisa, Pisa Italia
Autore corrispondente Michele Marinò e-mail: [email protected]

 
Introduzione
L’orbitopatia basedowiana (OB), è la più comune manifestazione extratiroidea del Morbo di Basedow nel quale è clinicamente evidente in circa il 30% dei pazienti. Nella maggior parte dei casi si tratta di una forma lieve che può essere trattata con misure terapeutiche locali (sostituti lacrimali), eventualmente associate al selenio. Tuttavia, in circa il 5% dei pazienti l’OB si manifesta con quadro conclamato e determina importanti alterazioni funzionali ed estetiche con un forte impatto sulla qualità della vita dei pazienti [1].

Opzioni terapeutiche
Il trattamento dell'orbitopatia basedowiana moderatamente grave rappresenta ancora oggi un difficile problema clinico che purtroppo, non sempre, è seguito da risultati pienamente soddisfacenti. La scelta del trattamento più idoneo per ciascun paziente richiede in primis un accurato inquadramento del quadro che deve tener conto di tutti i parametri riportati in Tabella 1. La valutazione dell’OB, come anche la successiva terapia, richiede un approccio multidisciplinare che comprenda, oltre all’endocrinologo, l’oculista, il radiologo, il radioterapista e il chirurgo dell’orbita [2].
  • I principali trattamenti ad oggi disponibili per l’OB possono essere divisi in tre categorie:
  1. terapia medica: glucocorticoidi o altri farmaci immunomodulatori (micofenolato, ciclosporina, azatioprina, teprotumumab,)
  2. terapia radiante esterna
  3. terapia chirurgica, che prevede tre tipologie di intervento: orbitotomia decompressiva (OTD), chirurgia muscolare e chirurgia palpebrale
La scelta e la tempistica di questi trattamenti dipendono dalle caratteristiche cliniche dell’OB e da variabili quali la disponibilità dei trattamenti e la scelta del paziente a fronte di una adeguata informazione [2].

Orbitotomia decompressiva
In ambito chirurgico, l’OTD rappresenta in genere il primo intervento da effettuare e consiste nella rimozione di una o più pareti dell’orbita e/o del grasso orbitario per creare maggior spazio nella cavità orbitaria. L’ampliamento della cavità orbitaria determina un retro-posizionamento del bulbo oculare con miglioramento della proptosi e scomparsa del lagoftalmo, quando presente [3].

L’OTD può essere eseguita in “urgenza” o come terapia riabilitativa per correggere le manifestazioni residue della malattia oculare dopo terapia medica o, comunque, dopo almeno 6 mesi dalla risoluzione della fase acuta [2].
  • L’OTD in urgenza è necessaria in caso di:
  1. neuropatia ottica non responsiva alla terapia medica, dovuta a compressione dei nervi ottici a livello dell’apice orbitario
  2. proptosi marcata con sublussazione del bulbo oculare.
  3. grave cheratopatia da esposizione
Più frequentemente, tuttavia, l’OTD è finalizzata alla correzione degli esiti della malattia che inevitabilmente rimangono dopo la terapia medica o la terapia radiante orbitaria. La proptosi, infatti, rappresenta il parametro che risponde meno alla terapia medica e la persistenza di esoftalmo marcato, associato o meno a lagoftalmo, rappresenta la più frequente indicazione all’OTD in elezione. Talvolta, l’OTD è necessaria in pazienti con diplopia costante (anche in assenza di proptosi marcata) per ampliare lo spazio retro-orbitario in previsione dell’intervento di chirurgia muscolare.

L’indicazione all’OTD (vedi riepilogo in Tabella 2) influenza la tipologia di intervento. Infatti, nella scelta della tecnica da utilizzare (quali e quante pareti aprire e tipologia di accesso: endonasale, transpalpebrale, transcongiuntivale) bisogna tenere presente il grado di proptosi, la presenza di segni di compressione sul nervo ottico e di un deficit funzionale di uno o più muscoli extraoculari. Nei pazienti che si sottopongono ad intervento decompressivo per soli fini estetici o per proptosi marcata, l’apertura di una sola parete ossea risulta sufficiente in molti casi e l’approccio endonasale ha il pregio di non comportare alcuna incisione cutanea. Nei pazienti più gravi con neuropatia ottica è invece necessario ampliare il più possibile l’orbita per liberare l’apice orbitario, rimuovendo spesso più pareti, senza curarsi del maggior rischio di aggravamento o insorgenza di diplopia postoperatoria [4]. L’importanza di avere a disposizione un chirurgo esperto inizia pertanto già con la pianificazione dell’intervento, il che permette di modulare gli accessi e le pareti su cui intervenire in relazione alle condizioni preoperatorie e alle aspettative del paziente. In assenza di un chirurgo esperto è necessario riferire il paziente ad un centro di riferimento per l’OB [3].

Conclusioni
La gestione terapeutica dell’OB moderatamente grave rimane ad oggi un’importante sfida per l’endocrinologo perché la terapia medica non sempre esita in risultati soddisfacenti. La chirurgia orbitaria, pertanto, riveste un ruolo fondamentale nell’iter terapeutico del paziente affetto da OB. Auspichiamo di avere presto a disposizione nuove armi terapeutiche che possano dare risultati più soddisfacenti e ridurre la necessità di ricorrere alla chirurgia riabilitativa.


Tabella1

Tabella2

Conflitti di interesse: L'autrice dichiarano di non avere conflitti di interesse
Consenso informato: Lo studio presentato in questo articolo non ha richiesto sperimentazione umana
Studi sugli animali:. L'autrice non hanno eseguito studi sugli animali

Riferimenti bibliografici
  1. Marcocci C, Marinò M. Treatment of mild, moderate-to-severe and very severe Graves' orbitopathy. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab. 2012 Jun;26(3):325-37.
  2. Bartalena L, Baldeschi L, Boboridis K, Eckstein A, Kahaly GJ, Marcocci C, Perros P, Salvi M, Wiersinga WM; European Group on Graves' Orbitopathy (EUGOGO). The 2016 European Thyroid Association/European Group on Graves' Orbitopathy Guidelines for the Management of Graves' Orbitopathy. Eur Thyroid J. 2016 Mar;5(1):9-26.
  3. S Sellari-Franceschini, R Rocchi, M Marinò, A Bajraktari, B Mazzi, G Fiacchini, P Lepri, I Dallan, P Vitti, C Marcocci, Rehabilitative orbital decompression for Graves' orbitopathy: results of a randomized clinical trial J Endocrinol Invest. 2018 Sep;41(9):1037-1042.
  4. Rocchi R, Lenzi R, Marinò M, Latrofa F, Nardi M, Piaggi P, Mazzi B, Altea MA, Pinchera A, Vitti P, Marcocci C, Sellari-Franceschini S. Rehabilitative orbital decompression for Graves' orbitopathy: risk factors influencing the new onset of diplopia in primary gaze, outcome, and patients' satisfaction. Thyroid. 2012 Nov;22(11):1170-5.

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