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Osteoporosi post-menopausale: diagnosi e terapia nella pratica clinica

Fiammetta Romano, Domenico Serpico, Carolina Di Somma
Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia, Unità di Endocrinologia ,Università “Federico II”, Napoli, Italia
Autore Corrispondente:
Fiammetta Romano. Section of Endocrinology, Department of Clinical Medicine and Surgery, University of Naples Federico II, Via Sergio Pansini 5, 80138 Naples, Italy.
Tel/Fax: +393494144404
Email: [email protected]

Introduzione
L'Osteoporosi (OP) post-menopausale è la più frequente forma di OP primitiva, dovuta al deficit estrogenico legato alla menopausa. Essa è caratterizzata da una rapida perdita di massa ossea a livello dell’osso trabecolare mentre l'osso corticale è parzialmente risparmiato. Tale perdita è responsabile di fratture da fragilità a carico soprattutto delle vertebre e del radio distale [1]. In Italia, si stima che l’OP colpisca circa 5.000.000 di persone, di cui l’80% sono donne in postmenopausa [2].

Diagnosi
La densità minerale ossea (BMD), misurata mediante densitometria a raggi X (DXA) a livello della colonna lombare (L1-L4) e femorale, rappresenta il parametro diagnostico per OP. L’unità di misura è rappresentata dalla SD dal picco medio di massa ossea (T-score). Secondo l’OMS, l’OP è definita da un T-score ≤ a -2,5 SD. Essendo la DXA un esame molto specifico ma poco sensibile (la maggior parte delle fratture da fragilità avviene in donne nel range dell’osteopenia) non è raccomandato in tutte le donne al momento della menopausa ma in presenza di fattori di rischio, minori (età > di 65 anni, storia familiare di OP grave, amenorrea pre menopausale per un periodo maggiore di 6 mesi, inadeguata assunzione di calcio, fumo > 20 sigarette/giorno, alcolismo) o maggiori (es. storia personale di fratture da fragilità). La capacità di stimare il rischio di fratture da fragilità può essere aumentata utilizzando il Trabecular bone score, un software che elabora il grado di disomogeneità della scansione densitometrica vertebrale, fornendo informazioni indirette sulla microarchitettura trabecolare. Ha quindi un ruolo particolarmente significativo nella classificazione dei soggetti a rischio con valori di BMD nel range normale o di osteopenia. Una frattura vertebrale è coerente con la diagnosi di OP anche in assenza di BMD alterata, essendo un indice di deterioramento della microarchitettura ossea. Lo studio radiologico e la morfometria vertebrale, semiquantitativa o quantitativa, permettono l’identificazione e la corretta classificazione delle fratture vertebrali da fragilità osteoporotica [2].

Un approccio ecografico innovativo, chiamato Radiofrequency echographic multi spectometry (REMS), è stato recentemente introdotto come il primo metodo basato sugli ultrasuoni clinicamente disponibile per la misurazione diretta non ionizzante della BMD, lombare e femorale, per la diagnosi dell'OP, in grado anche di fornire informazioni quantitative e qualitative sulle caratteristiche dei tessuti indagati, stimare la forza dell'osso e prevedere il rischio di frattura [3]. Gli esami di laboratorio di primo e secondo livello [2] rivestono un ruolo fondamentale nella diagnostica dell’OP in quanto possono consentire la diagnosi differenziale con altre malattie metaboliche dello scheletro e diagnosticare forme di OP secondaria. I marker del turnover osseo, invece, non trovano indicazione nella valutazione routinaria dei singoli pazienti ma, poiché i loro livelli si modificano significativamente già dopo poche settimane dall’inizio del trattamento, possono essere utili per valutare l’aderenza dei pazienti al trattamento farmacologico [2].

Terapia
L’identificazione delle pazienti in cui è appropriato iniziare un trattamento farmacologico è guidata dall’utilizzo di specifici algoritmi matematici (FRAX, DeFRA, FRAHS) che, attraverso una valutazione integrata della BMD e dei più importanti fattori di rischio, consentono una stima accurata del rischio di fratture da fragilità a 10 anni. In Italia, la Nota 79 dell’AIFA regola la rimborsabilità della terapia, fornendo anche una guida per la scelta dei farmaci da scegliere in prevenzione primaria e secondaria [4]. Il cardine della terapia è un adeguato apporto di calcio e vitamina D, in quanto la carenza di uno dei due elementi è tra le principali cause di ridotta risposta alla terapia dell'OP. I livelli di vitamina D dovrebbero essere mantenuti al di sopra di 20 ng/mL. Lo schema principale proposto dalle linee guida per la correzione della sua carenza è rappresentato dal colecalciferolo (gold standard) alla dose di 50.000 UI a settimana per 1 o 2 mesi, seguito da dosi giornaliere, settimanali o mensili che garantiscono 1500-2000 UI al giorno [5]. L'integrazione di calcio, laddove sia difficile migliorare l'apporto dietetico, va effettuata con il carbonato di calcio, eccetto contesti clinici (pazienti con dispepsia o che usano inibitori di pompa protonica) in cui sono più indicate formulazioni di citrato di calcio. Gli agenti farmacologici disponibili in Italia per il trattamento dell'OP si dividono in tre categorie: antiriassorbitivi (bisfosfonati SERMs, denosumab), anabolizzanti (teriparatide) e il nuovo “bone builder”, con duplice meccanismo d’azione, romosozumab. Tutti questi farmaci riducono significativamente il rischio fratturativo (Tab 1). La terapia ormonale sostitutiva è indicata nelle donne in post-menopausa solo per brevi periodi e in presenza di sintomi vasomotori [2].
 
Tab. 1 Farmaci anti-osteoporotici

Tabella1


 

 
Conflitti di interesse Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse
Consenso informato Lo studio presentato in questo articolo non ha richiesto sperimentazione umana
Studi sugli animali Gli autori di questo articolo non hanno eseguito studi sugli animali

Riferimenti bibliografici
  1. J.A. Kanis, C. Cooper, R. Rizzoli, J.-Y. Reginster, Scientific Advisory Board of the European
    Society for Clinical and Economic Aspects of Ops (ESCEO) and the Committees of Scientific Advisors and National Societies of the International Ops Foundation (IOF). European guidance for the diagnosis and management of ops in postmenopausal women.
    Osteoporos Int. 2019 Jan;30(1):3-44.
  2. Linee Guida sulla gestione dell’Osteoporosi e delle Fratture da fragilità. Commissione Intersocietaria per l’Osteoporosi (SIE, SIGG, SIMFER, SIMG, SIMI, SIOMMMS, SIR, SIOT).
  3. Diagnosi, stratificazione del rischio e continuità assistenziale delle Fratture da Fragilità.
    Linea guida pubblicata nel Sistema Nazionale Linee Guida Roma, 18 ottobre 2021.
  4. https://www.aifa.gov.it/nota-79
  5. R. Cesareo, R. Attanasio, M. Caputo, R. Castello, I. Chiodini, A. Falchetti, et al, AME and Italian AACE Chapter. Italian Association of Clinical Endocrinologists (AME) and Italian Chapter of the American Association of Clinical Endocrinologists (AACE) Position Statement: Clinical Management of Vitamin D Deficiency in Adults. Nutrients. 2018 Apr 27;10(5):546.

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