1) Gastrectomia parziale2) Resezione endoscopica del polipo3) Vigile attesa con EGDS dopo 6 mesi
Le NEN gastriche sono rari tumori dello stomaco con un’incidenza di 0.2 casi per 100.000 abitanti in Europa (sebbene la loro incidenza sia aumentata negli ultimi anni). Le NEN gastriche originano dalle cellule simil entero-cromaffini (ECL) dello stomaco e si dividono in forme gastrino-dipendenti (tipo I e II) e forme gastrino-indipendenti (tipo III). Pertanto, in presenza di lesione gastrica istologicamente compatibile con NEN, è mandatorio stabilire se si tratti di una forma di tipo I, II o III.
Nel nostro caso clinico, la presenza istologica di gastrite cronica, la positività degli anticorpi anticellule parietali gastriche, i livelli di gastrina solo lievemente elevati e le dimensioni tumorali fanno propendere per una NEN gastrica di tipo I. Tali neoplasie colpiscono principalmente donne di 60- 70 anni e si presentano solitamente come lesioni di piccole dimensioni (< 1 cm), polipoidi, del corpo-fondo gastrico, limitate alla mucosa e sottomucosa, senza angioinvasione e con basso Ki-67 (solitamente G1). La crescita delle lesioni è secondaria all’effetto trofico della gastrina, il cui incremento è secondario all’acloridria prodotta dall’atrofia della mucosa acido-secernente con conseguente gastrite cronica atrofica e pH elevato. Le lesioni sono asintomatiche e riscontrate incidentalmente in corso di EGDS eseguite per anemia o dispepsia. Le opzioni di trattamento delle NEN gastriche dipendono dal tipo di tumore (I, II o III), dal numero delle lesioni, dalle dimensioni, dall’estensione di malattia e dal grado di differenziazione del tumore [1-3].
La
risposta 2 è corretta in quanto le linee guida AIOM ed ENETS raccomandano di rimuovere endoscopicamente le NEN gastriche di tipo I ≥ 1 cm senza invasione della tonaca muscolare propria e con esami di stadiazione negativi per metastasi linfonodali e/o a distanza, monitorando invece endoscopicamente quelle di dimensioni inferiori (risposta 3 errata), per via del basso rischio di metastasi [1-4]. Alcuni autori suggeriscono di rimuovere tutte le lesioni visibili, ma tale approccio non è ampiamente accettato poiché non ci sono dati che mostrino un effettivo beneficio clinico. La procedura endoscopica da utilizzare può essere una resezione mucosale (EMR) o una dissezione endoscopica sottomucosale (ESD), sebbene ci sia il rischio di sanguinamento o perforazione gastrica [2-4]. L’ESD ha il vantaggio di resecare “en bloc” la lesione, consentendo una valutazione istologica completa. Il monitoraggio endoscopico dovrebbe invece essere eseguito ogni 6-12 mesi per i primi 3 anni e successivamente annualmente se non c’è evidenza di progressione tumorale [5].
La
risposta 1 è errata in quanto la procedura chirurgica di resezione locale o gastrectomia andrebbe considerata in caso di lesioni T2 (invasione della muscolare propria) o con margini di resezione positivi per invasione tumorale. Storicamente, l’antrectomia veniva effettuata nel corso della procedura chirurgica di resezione neoplastica al fine di sopprimere la produzione di gastrina, ma la sua efficacia è ancora dubbia. Infatti, alcuni autori hanno mostrato come tale procedura riduca le recidive ed induca regressione tumorale, mentre altri non hanno descritto alcun beneficio sul rischio di recidiva e di metastatizzazione [1-3].
Le
risposta 4 è errata in quanto l’uso degli SSTA può essere considerato in presenza di multiple lesioni difficili da eradicare endoscopicamente, in caso di malattia recidivante o metastatica con basso Ki-67 e positività per i recettori di tipo 2 della somatostatina (SSTR2) o in pazienti inoperabili. Tali farmaci presentano una azione antiproliferativa, antisecretiva (riducono i livelli di gastrina) e antiangiogenetica ed inducono una regressione tumorale. Tuttavia, non ci sono studi di confronto rispetto alle strategie di sorveglianza attiva o di resezione endoscopica [1-2, 6-7].
Bibliografia di riferimento
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Autori
Ludovica Aliberti,
[email protected]
Maria Rosaria Ambrosio,
[email protected]